24 Aprile

HEALTHCARE

Integratori a base di Botanicals: il Consiglio di Stato conferma l'utilizzabilità di claim salutistici non ricompresi nell'elenco di cui al Reg. 432/2012

24/04/2020

Il Consiglio di Stato, ha rigettato il ricorso dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato avverso la sentenza del Tar Lazio n. 11119/2015,  confermando che deve ritenersi lecita  la pubblicità di un integratore alimentare rientrante nella categoria dei "botanicals", chiarendo che la non inclusione nell'elenco di cui al Reg. 432/2012  - relativo alle indicazioni sulla salute consentite sui prodotti alimentari, diverse da quelle facenti riferimento alla riduzione dei rischi di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini -  non costituisce, di per sé, presupposto di illegalità dell'utilizzo di un claim non registrato; questo anche nell’ipotesi in cui, come nel caso posto all’attenzione del Giudice amministrativo, un integratore sia presentato come coadiuvante per il trattamento di alcune gravi patologie (quali Parkinson, Alzheimer, AIDS, tumore, diabete).

Infatti, come precisato dallo stesso Reg. 432/2012, per i c.d. botanicals si rinvia ad un successivo provvedimento comunitario in attesa di chiarimenti scientifici circa le proprietà dei prodotti e le conseguenze (sia positive che negative) del loro utilizzo sulla salute e le indicazioni la cui valutazione da parte dell'Autorità o il cui esame da parte della Commissione non sono stati ancora completati possono continuare a essere utilizzate, in conformità a quanto previsto dal Reg. 1924/2006 relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari.

Il Consiglio di Stato ha altresì ritenuto non condivisibile la tesi dell'AGCM (di cui al provv. 25087 del 9 settembre 2014, poi annullato dal Tar Lazio), secondo cui la pubblicità in esame costituirebbe una pratica commerciale ingannevole, dal momento che non pare rinvenirsi, dall'esegesi delle espressioni utilizzate nei claim contestati, una capacità ingannevole delle informazioni offerte al pubblico, né l'utilizzo di "terminologie non facilmente comprensibili per il consumatore medio impedendogli di percepire l'esatta natura del prodotto" (come testualmente affermato dall'Autorità nel provvedimento impugnato). Ciò in ragione anche del fatto che l'AGCM non aveva considerato, nel corso dell'istruttoria, la copiosa produzione scientifica a sostegno della reale sussistenza di proprietà positive nel prodotto (consistenti nel ruolo di "coadiuvante", di "rafforzamento" e di "aiuto" alle fisiologiche difese immunitarie dell'organismo), né aveva dimostrato adeguatamente l'asserita pericolosità dei messaggi e soprattutto l’idoneità degli stessi ad indurre in errore il consumatore in ordine alle proprietà del prodotto.

In conclusione, secondo il Giudice amministrativo, i claim esaminati non paiono idonei, di per sé, a confondere il consumatore medio circa le proprietà del prodotto né ad indurlo all'acquisto dello stesso in ragione di asserite proprietà medicinali, mantenendosi il messaggio pubblicitario pur sempre nell'alveo della funzione "ancillare" e "coadiuvante" nel trattamento delle patologie menzionate rispetto alla terapia medico-farmacologica (Cons. di Stato, sent. n. 2371 del 10 aprile 2020).