17 Ottobre

HEALTHCARE

Decesso di paziente trasfuso con sangue infetto: la Cassazione esonera da responsabilità il chirurgo, tenuto alla sola verifica della corrispondenza con il gruppo sanguigno

17/10/2019

La Cassazione si è nuovamente pronunciata in ordine alla responsabilità sanitaria per risarcimento del danno causato da trasfusione di sangue infetto, accogliendo il ricorso del medico chirurgo condannato al risarcimento in favore dei parenti di paziente deceduta per cirrosi, conseguita ad epatite contratta a seguito di due emotrasfusioni di sangue. La Suprema Corte ha specificato che i controlli sul sangue, così come la regolare tenuta dei registri o la verifica della preventiva sottoposizione a tutti i test sierologici richiesti dalla legge della sacche di sangue trasfuse, non competono al primario di chirurgia, né al chirurgo operatore, trattandosi di controlli di esclusiva competenza del centro trasfusionale, che trasmette al reparto richiedente le sacche di sangue e plasma regolarmente etichettate, il che presuppone la tracciabilità del donatore come risultante dai registri alla cui tenuta è obbligato il centro trasfusionale, e il superamento dei test obbligatori.  Fermo quanto sopra, la Cassazione ha quindi escluso che l’omessa annotazione sulla cartella del superamento degli esami sierologici possa essere elemento idoneo a ritenere il chirurgo somministrante responsabile per il contagio, in quanto questo controllo ricade sul centro trasfusionale interno che, con la trasmissione stessa della sacca in chirurgia, attesta implicitamente che la sacca di sangue abbia superato i controlli, e sul primario di ematologia, comunque responsabile delle modalità di acquisizione del sangue. In tal senso, la Cassazione, ha operato una distinzione tra le annotazioni che devono comparire sulla cartella clinica, di competenza dell'equipe chirurgica, e le annotazioni che devono comparire sulle sacche di sangue, di competenza del servizio ematologico dell'ospedale, escludendo quindi che il chirurgo che ha operato la paziente possa essere ritenuto responsabile dell'assenza di indicazione degli specifici test effettuati e dei loro risultati, in quanto esclusivamente tenuto a chiedere la disponibilità del sangue e verificare, oltre che indicare in cartella clinica, che il gruppo del paziente corrisponde a quello del donatore prima di somministrare il sangue. (Corte di Cassazione, sentenza n. 25764 del 15 ottobre 2019).